di Massimo Santucci
e Dott. Gianfranco Bertozzi
Alcuni corridori che abitualmente donano sangue si pongono domande sulle reali “conseguenze atletiche.”
Quando ciò accade in prossimità della gara, può influire e quanto sulla prestazione?
Oppure: dopo la donazione si devono alleggerire i carichi di allenamento o si va avanti come niente fosse accaduto?
In poche parole, bisogna ignorare la donazione o tenerne conto?
Cerchiamo di mettere un po’ d’ordine.
Donare il sangue e’ un atto di coscienza civica che dovrebbero fare tutti: il sangue e’ un tessuto indispensabile per la vita che ancora non si puo’ riprodurre in laboratorio ne’, purtroppo, puo’ essere conservato a lungo; per questo e’ fondamentale mantenere le scorte disponibili attraverso la donazione, cosi’ che si possa soccorrere chiunque e in qualsiasi momento si trovasse ad averne bisogno. In Italia in molte regioni la cultura della donazione e’ abbastanza diffusa (grazie all’AVIS e alle numerose associazioni di volontariato ben radicate nel territorio), e benche’ non vi siano mediamente gravi emergenze-sangue, siamo comunque sotto la media europea e, soprattutto, si assiste ad un progressivo calo del numero di giovani che donano, col rischio che il problema si presenti in tutta la sua gravita’ una volta esauriti i vecchi donatori. Con questo articolo proviamo a descrivere la donazione del sangue e le sue conseguenze, ovviamente con un occhio di riguardo all’atletica e al podismo.
Composizione del sangue e donazione
In estrema sintesi, si possono distinguere nel sangue due componenti, la liquida e la corpuscolata: la parte liquida e’ rappresentata dal plasma, ricco di proteine, che ha la funzione di garantire alcune proprieta’ fisiche del sangue (pressione osmotica, fluidita’) e contiene sostanze implicate in molte funzioni (coagulazione, risposta immunitaria, trasporto di sostanze); la parte corpuscolata e’ invece composta in massima parte dai globuli rossi (che trasportano l’ossigeno ai tessuti), dai globuli bianchi (risposta immunitaria) e dalle piastrine (coagulazione).
I tipi di donazione piu’ diffusi sono i seguenti:
sangue intero: e’ il tipo di donazione piu’ vecchio e il piu’ semplice e veloce. Consiste nell’estrazione di circa 450cc di sangue prelevato dalla vena usando un ago di grosso calibro, e raccolto in apposite sacche che verranno poi processate in laboratorio e tenute in frigorifero a temperatura controllata. Per la donazione occorrono circa 20′ di tempo (c’e’ sempre una certa variabilita’ individuale, ovviamente, quindi i tempi sono indicativi) e comporta la perdita sia della parte liquida che di quella corpuscolata;
plasma e/o piastrine: tramite una centrifuga, ovviamente in condizioni di sicurezza e perfetta sterilita’, il sangue del donatore viene separato nelle varie componenti: la parte da donare viene prelevata mentre il resto (globuli rossi ed altre componenti, a seconda del tipo di donazione) viene reimmesso in circolo. Questa donazione impegna piu’ tempo, intorno ai 45 minuti, ma puo’ essere effettuata piu’ frequentemente;
autotrasfusione: non interessa la donazione (ne’ dovrebbe interessare lo sportivo…). Viene effettuata in previsione di interventi chirurgici impegnativi o a rischio di perdite di sangue: in questo caso, il paziente dona preventivamente il sangue intero per se stesso, qualche settimana prima dell’intervento, in modo tale che al momento dell’operazione chirurgica, quando avra’ gia’ ripristinato le sue scorte, potra’ ricevere il suo invece di farsi trasfondere sangue di altri, riducendo i rischi legati al ricevimento di sostanze non proprie.
I vantaggi della donazione
Tralasciando i noti vantaggi “economici” della donazione (colazione gratis, giorno libero dal lavoro, gratuita’ degli esami di laboratorio) e quelli morali (compiere un’opera di importante impatto sociale), e’ ormai dimostrato che donare regolarmente il sangue fa bene alla salute. Ci sono due importanti aspetti da considerare:
il primo e’ legato alla prevenzione: ad ogni donazione, del tutto gratuitamente, sul sangue prelevato viene effettuato uno screening ematologico molto accurato (a giudizio dei medici del reparto e delle politiche aziendali, in molti centri e’ anche possibile aggiungere esami su richiesta del donatore stesso). Se da una parte questo ha funzione di controllo sul sangue raccolto (a tutela del ricevente), dall’altra comporta che il donatore sia costantemente monitorizzato e quindi permette, nel caso di malattie, una diagnosi e una terapia precoce.
il secondo aspetto e’ legato ad un miglior stato di salute del donatore: diversi studi hanno evidenziato una minor incidenza di malattie cardiovascolari, metaboliche e neoplastiche e una durata di vita piu’ lunga nei donatori periodici rispetto ai non donatori. Il donatore periodico, inoltre, sta meglio anche dal punto di vista psichico (umore, ansia) anche a distanza di settimane dalla donazione.
Gli svantaggi della donazione
Gli svantaggi “immediati” della donazione (il dolore e l’eventuale “livido” legati alla puntura, gli “svenimenti” durante il prelievo, altri rischi piu’ teorici che reali) sono banali e transitori. Lo svantaggio piu’ importante, transitorio e di scarsa importanza clinica nel donatore sedentario ma assolutamente da non trascurare nel caso dello sportivo, e’ l’anemia post-donazione, cioe’ la perdita dei globuli rossi con successiva riduzione della capacita’ del sangue di trasportare l’ossigeno ai tessuti del corpo. La perdita dei globuli rossi e’ ovviamente massima nel caso di sangue intero (questo tipo di donazione infatti puo’ essere effettuato meno frequentemente) e minima nelle altre donazioni, per lo piu’ a causa della rottura dei globuli rossi per motivi chimici e fisici nelle manovre di filtraggio.
Cio’ comporta per il donatore una maggiore faticabilita’ e una ridotta tolleranza allo sforzo che, il piu’ delle volte, nel non sportivo scompare gia’ durante il primo giorno dalla donazione senza creare alcun problema al donatore. Nel caso di individui ai quali e’ invece richiesta una prestazione fisica importante, occore ricordare che l’anemia post-trasfusionale viene risolta completamente solo dopo tre settimane circa, e prima di questo periodo e’ quindi presente un calo del rendimento fisico e della resistenza allo sforzo, che ovviamente si riduce col passare del tempo.
Nel caso di donazioni di plasma o derivati, praticamente non ci sono problemi e le precauzioni da prendere sono minime e limitate a uno-due giorni. Lo sportivo che intenda donare sangue intero, invece, deve mettere in atto alcune precauzioni nelle tre settimane successive alla donazione, specialmente i primi giorni:
a) evitare sedute di carico (potenza aerobica, resistenza);
b) evitare i lunghissimi e tutti i tipi di allenamento che comportino importanti richieste fisiche e metaboliche;
c) non pretendere le stesse prestazioni pre-donazione: aspettarsi invece un calo del ritmo di diversi secondi a km e una maggior fatica nel completare sedute normalmnte “facili”;
d) evitare ovviamente le gare: se la donazione e’ programmata in periodo pre-gara, meglio rimandarla;
e) monitorare attentamente le proprie condizioni fisiche: in caso di stanchezza, calo della motivazione, sensazione che “qualcosa non va” o di qualcosa di diverso dal solito, interrompere (o rimandare, o alleggerire) la seduta;
f) bere molto per reintegrare la perdita di volume; mangiare frutta e verdura fresche e alimenti proteici (carne, uova o, se vegetariani, verdure “ricche di ferro”);
Non e’ superfluo notare che l’anemizzazione da donazione non ha acun effetto allenante: dopo la donazione, correre in condizioni di anemia temporanea determina solo un affaticamento dell’atleta ed un maggior rischio di infortunio e nessun vantaggio. Chi quindi aumenta il carico dopo una donazione, sperando di avere migliori prestazioni una volta passato il periodo di recupero, fa solo dei danni a se stesso, rischia di perdere la motivazione e, assecondando questa “voglia di doping”, si espone al rischio di scegliere la “via facile” anche successivamente.
Conclusioni
Rischiando di andare in controtendenza, concluderemmo che donare sangue e’ una pratica da consigliare ma, in casi particolari come quello dello sportivo in preparazione o pre-gara, non si puo’ negare che non ha un effetto benefico sulla prestazione e sulla preparazione atletica. Se dunque un atleta si trova in una fase delicata della sua attivita’ sportiva e non ci sono condizioni di emergenza per le quali la donazione sia fortemente necessaria, e’ meglio rimandare ad altro momento la donazione di sangue e preferire le donazioni meno anemizzanti. E’ invece importante che chiunque e specialmente chi, facendo sport, ha una sensibilita’ maggiore al benessere fisico e alla salute, faccia pubblicita’ tra amici, parenti e compagni di squadra e incentivi tutti alla pratica della donazione del sangue. Donare meno ma donare tutti potrebbe essere, per la nostra opinione, un buon motto per chi fa sport.